Skip to main content

Un polo di industrie italiane ed europee per i vaccini anti Covid, l’alleanza per fare presto a riconvertire e conquistare l’autosufficienza

La filiera farmaceutica italiana lavora perchè non sia lontano nel tempo il giorno nel quale i vaccini anti Covid saranno routine. E lo fa con il progetto di un polo di aziende per produrre principio attivo e altri componenti nell’arco di 4/8 mesi. A Marzo il tavolo del governo con Farmindustria e Agenzia del Farmaco ha individuato due direttrici operative: da una parte le realtà in grado di produrre direttamente i principi attivi del vaccino, attraverso l’uso dei bioreattori, dall’altra coloro che si occuperanno del processo di infialamento e finitura. Farmindustria ha censito i potenziali produttori italiani e per agevolare la riconversione delle linee produttive il Ministero per lo Sviluppo Economico potrebbe utilizzare i contratti di sviluppo, uno strumento composto da finanziamenti agevolati, contributi a fondo perduto alla spesa e in conto impianti e contributi in conto interessi. Inoltre da mesi sono in corso trattative con i grandi produttori di vaccino anti Covid per ottenere brevetti e know how per iniziare una produzione in proprio o in partnership.

Uno schema che appare coerente con le linee guida della Commissione europea che nonostante lungaggini e strettoie burocratiche si è pronunciata a favore di azioni che aumentino la capacità di autosufficienza dell’Europa nelle varie fasi della produzione, con lo sguardo rivolto a scenari che vadano oltre questo periodo di emergenza nella realizzazione di un vaccino che sarà di largo e regolare uso tra tutta la popolazione. A Bruxelles il commissario Thierry Breton, oltre a mettere a sistema le industrie presenti nei diversi Stati, si sta occupando anche della disponibilità delle multinazionali che detengono i brevetti a procedere con il trasferimento tecnologico. Fino a inizio marzo gli impianti europei coinvolti nella filiera dei vaccini erano poco più di quaranta. Ma il numero è in costante aggiornamento, e presto nell’elenco potranno figurare anche i siti italiani. 

Per riconvertire le linee produttive a partire dalla fase Bulk, la produzione della miscela del vaccino e ottenere le autorizzazioni necessarie dovrebbero servire dai 4 agli 8 mesi, un tempo che se non sarà utile per questi mesi critici, lo sarà per i richiami dei prossimi anni. E proprio in quest’ottica vanno letti i 200 milioni stanziati nel decreto Sostegni che serviranno per dare impulso alla “riconversione industriale del settore biofarmaceutico verso la produzione di nuovi farmaci e vaccini”.

Per trovare risposte alla domanda su quanto c’è di pronto in Italia per pensare ad un polo di produzione è dunque sulla riconversione delle linee infialatrici già presenti che si sta puntando. Nel distretto bolognese operano imprese del packaging che sviluppano e producono flaconi, macchine riempitrici sterili, così come tecnologie di processo e confezionamento in asettico di farmaci liquidi e in polvere. Novecento volontari in 26 centri italiani e uno in Germania stanno testando il vaccino italiano ReiThera per cercare di renderlo disponibile già per la fine dell’estate. La biotech laziale, con sede a Castel Romano, avrebbe la capacità di produrre 100 milioni di dosi all’anno e secondo i responsabili dell’azienda il traguardo non è lontano, grazie alla collaborazione con lo Spallanzani è stato messo a punto uno studio clinico che si avvale di sistemi digitali e di piattaforme di telemedicina. Otto aziende farmaceutiche italiane sono inoltre pronte a supportare la produzione dei vaccini anti-Covid già in uso e già approvati dall’Agenzia europea del farmaco e da quella italiana. Il caso più importante è quello della Thermo Fisher di Monza da dove le fiale del vaccino Pfizer saranno completate grazie a servizi di riempimento sterile e preparazione del prodotto finito.