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Sempre più centrale il ruolo della formazione nel mondo del lavoro, dal suo rendimento e dalla sua evoluzione si vedranno i trend delle professioni del domani

L’organizzazione dei percorsi professionali all’interno delle aziende è al centro di profondi mutamenti che nell’ultimo anno e mezzo hanno visto un’accelerazione verso lo sviluppo di competenze sempre più ibride. Nello studio predittivo di EY, Pearson e Manpower Group emergono tutta una serie di tendenze che allungando lo sguardo anticipano anche quali saranno le professioni e le mansioni più richieste tra dieci anni. La necessità di lavorare a distanza che ha fatto irruzione in modo traumatico con la pandemia ha fatto si che molte aziende abbiano scoperto l’importanza della formazione in remoto che così è diventata un’opportunità strategica a lungo termine.

Secondo il rapporto “Professioni 2030: il futuro delle competenze in Italia” nei prossimi dieci anni solo un terzo delle attuali professioni crescerà (36%), mentre tutte le altre rimarranno stabili o diminuiranno. L’altra metà delle professioni in crescita saranno legate alla tecnologia, ma aumenteranno come non mai prima quelle connesse a cultura, comunicazione, servizi di cura di carattere sanitario e non, insegnamento e formazione. Il mercato del lavoro immaginato al 2030 ipotizza un trend di crescita per gli occupati nei servizi informatici e delle telecomunicazioni (+1,5%), nei servizi culturali, sportivi e altri servizi alle persone (+0,9%), nei servizi di supporto alle imprese e alle persone (+0,9%). Fortemente in decrescita invece l’occupazione nel settore dei servizi finanziari e assicurativi (-1,7%), nell’agricoltura, caccia e pesca (-1,5%), nell’industria della carta, cartotecnica e stampa (-1,5%). Può essere sorprendente vedere che tra le prime 30 professioni in crescita al primo posto insieme ad analisti e progettisti di software e applicazioni web ci siano gli sceneggiatori e i professori di discipline umanistiche. 

E si denota anche la strategicità delle skill cognitive e relazionali in un’ottica di apprendimento permanente, per questo la formazione di oggi e del futuro non è un mero adeguamento di competenze ma un asset nel quale far convivere le esigenze di reskilling e upskilling per generare nuovo valore alle aziende, in percorsi da svolgere in modo flessibile, istantaneo e condiviso. Lo studio cerca anche di identificare le azioni e gli strumenti necessari per contrastare il mismatch tra i percorsi formativi e i requisiti di occupabilità. Un vero punto dolente nel mercato del lavoro italiano, la percentuale di aziende in Italia che non riesce a trovare le competenze ricercate raggiunge l’84% nelle aziende con oltre 250 dipendenti e il mismatch appare concentrato soprattutto sui giovani e le categorie più deboli.

Infine per immaginare azioni di contrasto all’aumento della disoccupazione vengono indicate alcune strade per riqualificare gli occupati di specifiche professioni per indirizzarli verso altre posizioni lavorative previste tendenzialmente in crescita. Ed è qui che torna centrale la necessità di interventi formativi per colmare i gap di competenze, e la capacità di saper ricorrere a professioni simili con tendenza occupazionale superiore, attitudine necessaria in un mercato definito nel rapporto come “estremamente mutevole” e che si deve adattare  costantemente alle “richieste delle imprese che, nel tentativo di competere in settori sempre più globalizzati, cercano nuove competenze e professionalità capaci di raggiungere gli obiettivi desiderati”.