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L’economia circolare Made in Italy esprime numeri da primato e si pone all’avanguardia nella ricerca e attuazione di competenze e tecnologie.

L’Italia si conferma nel gruppo di testa dei paesi che stanno sviluppando politiche di economia circolare. Sono le sue imprese che primeggiano in competenze e tecnologie, tali da portare l’Italia ai vertici in tante categorie, a partire dall’estrazione di valore di quelle che vengono chiamate “miniere urbane”, come ad esempio le batterie elettriche che con lo sviluppo di tecnologie appropriate puntano ad essere rigenerate in una prospettiva completamente circolare; a livello europeo l’indice che misura il livello di materie prime secondarie immesse nella produzione è in media al 12%, mentre l’Italia è al 17%. Le miniere urbane diventano sempre di più spazi funzionali per avanzati processi di recupero mediante trattamenti meccanici e chimici. E come hanno sostenuto diversi operatori del settore, le imprese sono più evolute delle regole che non vanno alla stessa velocità dei processi innovativi, a tal proposito molte critiche ha ricevuto recentemente la normativa “end of waste” che contempla la scrittura di singoli decreti per operazione di riciclo dei materiali, costringendo l’industria più avanzata a lunghe attese. Rischia così di essere rallentato il principio stesso della “cessazione della qualifica”, riferita al procedimento per il quale il rifiuto, dopo essere stato sottoposto ad un processo di recupero, perde la qualifica di rifiuto per acquisire quella di prodotto. Si potrebbe fare meglio, a cominciare dalla rigenerazione urbana che in Italia ha ormai un quadro stabile di riferimento in grandi opere che anche grazie al Pnrr sono in pieno svolgimento: 3300 milioni sono destinati ai Comuni italiani con oltre 15 mila abitanti in attuazione del Piano. 

L’Italia ha la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti, a sostenerlo è Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola che promuove cultura della sostenibilità nell’innovazione. Il tasso di recupero sul totale dei rifiuti speciali e urbani è del 79,4%, un valore ben superiore alla media europea che si attesta al 48,6%. In termini di emissioni questo consente ogni anno di risparmiare 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2. L’industria manifatturiera italiana, grazie all’apporto di materie seconde provenienti dal recupero nazionale a cui si aggiungono materie seconde di importazione e quelle provenienti dal recupero interno, raggiunge un tasso di circolarità (rapporto tra materie seconde da riciclo e totale delle materie -prime e seconde- impiegate) pari a circa il 50%. 

Un altro record italiano è legato all’indice di efficienza nell’impiego delle risorse, un indicatore che tiene conto della produttività nell’uso delle materie prime, dell’acqua, dell’energia e dell’intensità delle emissioni di GHG. Un terzo delle imprese manifatturiere italiane ha effettuato eco investimenti negli ultimi cinque anni. Queste imprese mediamente hanno fatturato di più, esportato di più e generato più occupazione. E l’elenco può andare avanti contemplando le eccellenze italiane nelle rinnovabili, nelle tecnologie per lo spazio, la sostenibilità in agricoltura, la meccanica e i trasporti che hanno effettuato investimenti green, le piastrelle in ceramica per le quali l’Italia può vantare una leadership mondiale grazie allo sviluppo tecnologico nei cicli produttivi che riutilizzano complessivamente il 100% delle acque reflue e degli scarti di produzione. Circolarità da primato anche nel legno per arredo, tutti risultati legati all’indice di efficienza nell’impiego delle risorse per un consistente numero di imprese che convertite all’economia circolare mediamente hanno ottenuto risultati importanti dal punto di vista del giro d’affari, e sono riuscite ad essere più competitive sul mercato delle esportazioni sia in ambito Ue che extra.