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Le banche italiane sono agganciate alla ripresa del paese. Ritrovano guadagni, utili e vedono crescere la capitalizzazione in Borsa

Il sistema bancario italiano si è decisamente rafforzato in questo 2021, ha mostrato una capacità notevole di reazione di fronte alle difficoltà del 2020 e sia pure tra molte complessità, si deve partire dal dato che le principali banche italiane hanno guadagnato negli ultimi 12 mesi quasi cinque miliardi di euro in più. E nei primi nove mesi del 2021 l’insieme degli istituti di credito porta a casa utili netti per 8.730 miliardi di euro, una progressione impensabile l’anno prima, quando le stesse banche in uno stesso arco temporale realizzavano meno della metà degli utili: 3.910 miliardi.

Come è potuto succedere? Gli analisti finanziari individuano la prima ragione nella capacità di ripresa del paese che sta spingendo il PIL oltre il 6 per cento. La ripresa dei consumi è stata poderosa e ancora non intaccata dalla fiammata dell’inflazione e dagli aumenti di materie prime, in particolare petrolio e gas che si faranno sentire nel 2022. Ma poi ci sono state le operazioni interne al comparto bancario che hanno dato i loro frutti. E’ il caso di Intesa San Paolo che ha assestato l’acquisizione di Ubi, l’assorbimento della sua rete di agenzie e carichi fiscali. Ma anche di Unicredit che ha assorbito le ingenti perdite derivanti dalla chiusura delle attività in Turchia che nel 2020 le fecero chiudere l’esercizio con oltre un miliardo di perdite. Un fenomeno che ha riguardato anche Monte Paschi di Siena che senza fattore estero, ha comunque gestito una perdita superiore al miliardo e mezzo di euro. Gli effetti di queste manovre si sono visti nell’anno in corso con il veloce recupero del terreno perduto e il notevole miglioramento delle singole performance, un effetto condiviso da altre banche che hanno tratto benefici da operazioni di eliminazione, totale o parziale delle scorie accumulate nell’ultimo difficile biennio.

Accanto ai risultati di bilancio a dare nuova linfa al sistema delle banche è stata anche la progressione nella capitalizzazione di Borsa spinta dagli utili delle trimestrali e dal ritorno alla distribuzione dei dividendi. Gli investitori hanno smesso di fuggire dal comparto, vedendolo di nuovo profittevole, le prime sei banche italiane che all’inizio dell’anno valevano complessivamente 68,8 miliardi di euro alla Borsa di Milano a metà novembre sono arrivate a valere 84 miliardi, con un incremento di 15mila milioni in nove mesi.

Nel pianeta credito ora ci si interroga sulle prospettive del core business che ha subito profonde modifiche, un cambio di fisionomia che porta sempre più valore alla vendita di prodotti finanziari e sempre di meno al vecchio modo di fare banca, ovvero l’attività dei prestiti. Le banche, ha recentemente notato il Corriere della Sera ormai “puntano su iniziative poco rischiose, mettendo in secondo piano i crediti, ambito reso sempre più complesso anche per le regole più stringenti scritte in Europa”. Ed inoltre viene sottolineato che l’incremento è da attribuire soprattutto ai minori accantonamenti sui prestiti e alla flessione del costo del rischio banche. E che all’orizzonte restano sempre i problemi di razionalizzazione in ambito organizzativo, l’operazione Unicredit-Mps è saltata anche per la struttura dei costi e soprattutto di quelli del personale. Il futuro dipenderà anche dal successo o meno di operazioni straordinarie dei più grandi gruppi, come quella di Unicredit sul fronte della bancassurance e i nuovi modelli commerciali all’insegna del digitale, crescita di volumi e redditività nei business strategici.