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Le 5 Big Tech sono sempre più big, stabilità del business e incertezze negli altri settori alla base di una crescita senza freni

Ci sono diversi motivi che stanno continuando a fare superare ogni record di valutazione sui mercati americano ed europeo delle 5 Big Tech, identificate sempre di più con l’acronimo FAMAG. Apple detiene il primato e vale oltre 2.400 miliardi di dollari e si può permettere di bruciare 85 miliardi in un solo giorno (a seguito della sentenza che ha ordinato alla mela di allentare le restrizioni sull’App Store) senza avere ripercussioni. A seguire Microsoft che è a 2.200 miliardi, Google che insieme alla holding Alphabet capitalizza circa 1.900 miliardi, Amazon 1.756 e Facebook quasi 1.100. Queste cinque corporation valgono quanto il Pil di Germania e Giappone messi insieme, in altri dati cinque società private oggi vengono valutate dagli investitori quanto la terza e la quarta economia del mondo.

Sono numeri che parlano da soli, ma soprattutto in movimento e sempre in ascesa di trimestre in trimestre in una corsa che sembra senza freni. Nel marzo del 2020 quando le Borse scendevano ai minimi con l’esplosione della pandemia capitalizzavano in totale 4mila miliardi. Ad inizio 2021 il loro valore si è gonfiato a 7.500 miliardi e adesso le big 5 sono prossime al record dei 10mila miliardi.

Uno dei motivi strumentali di questa crescita impressionante per gli analisti finanziari va ricercata dai prezzi gonfiati dall’abbondante liquidità che le banche centrale, a cominciare dalla Federal Reserve, stanno immettendo sui mercati nel tentativo di controllare tassi e inflazione. Le FAMAG si ritrovano poi nella categoria dei titoli ad alta crescita che beneficiano di un contesto macro di interessi bassi e meno sensibili alle fluttuazioni dei cicli economici a differenza dei titoli value. Si può dire che hanno guadagnato questo status con la solidità dei loro fatturati, l’affidabilità del loro business e sembrano più forti delle incertezze dell’economia mondiale e soprattutto quella americana dominata dal raggiungimento dei livelli massimi di espansione monetaria, le stime sul Pil riviste al ribasso da Goldman Sachs (dal 6% al 5,7%) e l’incognita sull’evoluzione del Coronavirus, l’Europa dopo essere partita male ha recuperato e superato gli Stati Uniti nella campagna vaccinale e anche nel controllo dei contagi.

Apple, Amazon, Google, Facebook, Microsoft sono oggi considerati come il petrolio nel secolo scorso, un “investimento sicuro” dove parcheggiare liquidità in tempi incerti sulla capacità delle altre aziende più esposte alle intemperie del mercato. Si consolida il loro strapotere iniziato da ormai 5 anni, non a caso le big five già nel 2017 valevano più del Pil della Francia, ma un boom per pochi fa bene a molti? La domanda circola tra gli economisti e ci sono diverse voci che rispondono “no”, perché in Usa ci sono milioni di aziende che stanno fallendo e la concorrenza del settore più florido dopo il tecnologico puro, ovvero il Biotech, impegnato nella corsa ai vaccini non riesce ad emergere nel modo giusto e c’è ancora mezzo mondo da immunizzare. Ma anche il settore delle telecomunicazioni subisce le politiche onnivore dei giganti come Google che sta puntando dritto alla conquista delle reti di Tlc e le telco rischiano di essere risucchiate. Gli esempi non mancano: Google sta cercando di assumere il controllo di Airtel, il colosso indiano delle Tlc che serve 20 paesi asiatici con oltre 400 milioni di clienti e Facebook è salita al 9,9% di Reliance Jio Platform, il più grande operatore di telecomunicazioni in India con oltre 370 milioni di abbonati. Le big tech hanno gioco facile in un contesto difficile per il mercato delle Tlc pieno di operatori alle prese con le guerre al ribasso sulle tariffe ai clienti finali che hanno impattato sui ricavi, ma soprattutto sulla marginalità, in un momento nel quale hanno dovuto far fronte ad ingenti investimenti per l’upgrade di reti fisse e mobili e uscite milionarie per le frequenze del 5G che tarda ad essere pienamente sviluppato.