Skip to main content

La riforma degli ITS, le “lauree tecnologiche” e la governance condivisa con le aziende tra le novità principali

Le aziende e i loro professionisti chiamati a partecipare direttamente al percorso formativo post diploma delle giovani generazioni, la riforma ITS è legge, apre prospettive e impatti nuovi sulla formazione legata all’occupazione. Nati undici anni fa, con una denominazione che spesso ha generato equivoci, per gli ITS cambia tutto, a cominciare dall’acronimo che da ora starà per Istituti Tecnologici Superiori e poi l’aggiunta di Academy a conferire a questi percorsi un valore di titolo ufficiale di tecnico specialistico e non più una laurea di serie B. 

E’ una legge (tra le ultime ad essere approvate dal Parlamento) fortemente voluta dai settori industriali del paese e in linea con le direttive del Pnrr e ha l’obiettivo di disciplinare e implementare l’offerta formativa degli ITS per ridurre sempre di più il mismatch tra domanda e offerta lavorativa. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi lo ha definito “un passo avanti per il sistema di istruzione e per il nostro sviluppo industriale” e il Miur mette a disposizione un finanziamento per quasi 50 milioni di euro, con obbligo di cofinanziamento regionale per almeno il 30 per cento delle risorse stanziate. Anche Confindustria si è espressa molto favorevolmente invocando una rapida esecutività con i decreti attuativi, ultimo tassello mancante della riforma. I corsi ITSsaranno non solo istituiti, ma anche condivisi con le aziende che potranno partecipare direttamente al progetto, oppure offrire servizi mettendo a disposizione spazi e personale docente. Nello schema ideale la figura del tecnico specializzato viene identificata a seguito dei fabbisogni occupazionali e formativi che vengono dalle imprese presenti nei territori che aderiscono all’iniziativa e che sono state preventivamente e direttamente coinvolte nella fase di progettazione del percorso formativo. 

Si tratta di un sistema che già oggi dà i suoi frutti, il monitoraggio sull’andamento degli ITS di Indire (l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa) dice che già oggi l’80 per cento dei diplomati ha trovato impiego nel corso del 2021 e più del 90 per cento è stato assorbito nell’area produttiva in coerenza con il proprio percorso di studio. Veri e propri fenomeni di “tutto esaurito” si registrano ai corsi organizzati in regioni come il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia con tassi di occupazione come a Udine che risultano al 94 per cento. Inoltre, dicono le statistiche, la capacità di un ITS di costruire integrazioni con il territorio è ricompensata dalla quasi totalità di mancanza di abbandono e dall’elevata propensione delle aziende ad assumere gli allievi ITS. 

La riforma consentirà di progettare corsi terziari job-oriented avanzati per la formazione di super tecnici capaci di gestire filiere e processi avanzati necessari per lo sviluppo della produttività nazionale. Insomma, l’investimento ha un ritorno pressochè assicurato e gli ITS Academy agiranno su macroaree definite dai Decreti attuativi su mobilità sostenibile, nuove tecnologie per il Made in Italy, efficienza energetica, tecnologie dell’informazione e della comunicazione, tecnologie innovative per il patrimonio culturale e attività connesse. Aree integrate nell’European Qualification Framework comprendenti non solo la teoria, ma anche pratica, laboratorio e tirocini aziendali che già oggi sono patrimonio degli ITS, dove sin dalle prime battute gli studenti sono coinvolti in mini-challenge con imprese e project work con tasks specifici richiesti dalle aziende che possono usarli anche nei loro processi produttivi. D’ora in poi i corsi degli ITS dureranno quattro o sei semestri. Nel caso dei percorsi triennali, è questa un’altra delle novità principali della riforma, il titolo di studio verrà equiparato a una laurea di primo livello.