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I paesi europei dopo il Global Health Summit organizzano la nuova rete di protezione sanitaria in un grande partenariato pubblico-privato

L’Unione europea dopo l’emergenza e dopo aver sperimentato il successo della cooperazione nell’imponente campagna vaccinale cerca ora di agire globalmente mettendo in relazione più stretta le istituzioni e le agenzie con le imprese che agiscono nell’health care. Così il Global Health Summit che si è svolto recentemente a Roma ha elaborato un report di analisi preventiva sulle pratiche da mettere in circolo per combattere le crisi del futuro, l’incontro è stato poi finalizzato con la firma della Dichiarazione di Roma che ha fatto nascere una nuova road map sanitaria multilaterale, sviluppata in sedici punti. Una strategia nuova che certamente ha incluso nelle sue azioni la campagna vaccinale di massa contro il Covid, ma anche una pianificazione per step su come sarà l’Europa all’indomani della pandemia. Di qui l’esigenza di creare una rete capace di interpretare un nuovo approccio alla salute globale, racchiusa nel motto “One Health”.  La promozione della ricerca e della prevenzione è il punto cardine della Dichiarazione, un obiettivo da conseguire in un contesto di eguaglianza tra stati, con il cittadino al centro del processo di innovazione tecnologica e scientifica. Chi opera da tempo in questo settore è convinto che si tratti di un cambio di approccio significativo che sottolinea quanto la salute globale sia ormai unanimemente considerato un elemento indispensabile per la società.

I paesi europei si sono convinti della necessità di formare una cintura di sicurezza sanitaria ed per questo che presto nascerà il nuovo “Hera incubator” (European Health Emergency Preparedness and Response Authority) e Roma e Venezia si sono candidate ad esserne la sede. Sarà il centro di elaborazione di un piano di preparazione alla bio-difesa che avrà lo scopo iniziale di contrastare le varianti da Sars-CoV-2 ma poi allargherà il suo raggio di azione nella produzione di vaccini e soprattutto nella promozione della ricerca. A questo scopo collaborerà con ricercatori, aziende biotecnologiche, produttori e autorità pubbliche in tutto il mondo. L‘idea di fondo è che l’incubatore Hera diventi un modello europeo per la pianificazione a lungo termine per le emergenze sanitarie. E sia il primo passo verso la creazione di una vera e propria agenzia Ue per la difesa biomedica sulla scia del modello statunitense della Barda (Biomedical Advanced Research and Development Authority). Per imprimere una svolta nella ricerca e nella produzione autonome di vaccini che come abbiamo visto si è rivelata operazione ardua per nuovi soggetti e, a brevissimo termine, sviluppare test specializzati per nuove varianti, nonchè supportare il sequenziamento genomico negli Stati membri con almeno 75 milioni di euro di finanziamenti europei. Il piano di biodifesa lanciato dalla cooperazione pubblico-privato dall’Ue seguirà tre priorità per contrastare il prima possibile le nuove varianti del Covid-19. Prima di tutto rilevare, analizzare e valutare le mutazioni del Sars-CoV-2, che probabilmente continueranno ad emergere. Secondo, accelerare l’approvazione dei vaccini adattati alle nuove varianti da parte delle autorità regolatorie, sul modello di quello che si fa per i vaccini antinfluenzali. Infine aumentare la produzione di vaccini, che nonostante il tempo record di sviluppo, e dopo aver raggiunto il necessario fabbisogno devono ora entrare un una fase di produzione e distribuzione standard.

Il volto che avrà Hera lo ha spiegato direttamente la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen che ha parlato della necessità di unire “l’innovazione e la capacità del settore privato, la visione a lungo termine e il finanziamento preventivabile del settore pubblico, in un partenariato pubblico-privato” che oltre alle emergenze riunirà aziende tecnologiche all’avanguardia, produttori blue chips e autorità di regolamentazione.